Ormai è quasi scontato scrivere un pezzo sul suo conto. Virgil Abloh diventerà leggenda della moda e del design contemporaneo per tante motivazioni. Ognuno ha cercato di spiegarle a modo suo e visto che qui mi piace dare informazioni anche a chi non è un insider dell’industria moda, vi spiegherò prima chi era Virgil Abloh e poi perché la sua prematura scomparsa è un duro colpo.
Non solo Off-White
Nasce a Rockford, Illinois, da due genitori ghanesi. Non c’entra niente con la moda per gran parte della sua gioventù: studia ingegneria e architettura. La sua storia nel fashion è strettamente collegata a Kanye west, amico e compagno di stage. Si, fa ridere lo so, ma Kanye e Virgil (che aveva già esperienza nell’ambiente streetwear di Chicago) sono volati a Roma per lavorare da Fendi a 500euro al mese. Vi dico solo che io, cioè nessuno, in un’azienda 100 volte più piccola ne prendevo 800 e non sono un genio della creatività. Va a finire che LVMH lascia andare i due che però hanno tanti altri progetti da portare avanti. Virgil si dedica a Pyrex Vision (anche suo nome dietro la console) per poi passare a Off-White che è praticamente il brand di luxury streetwear per cui tutti lo conoscono. Ad un certo punto (2018) si distingue talmente tanto per la sua visione da aggiudicarsi un posto d’onore da Louis Vuitton diventando Direttore Creativo della linea uomo. Mentre fa questo riesce pure a fare il deejay e a dedicarsi al design e all’arte creando pezzi di arredamento e vere e proprie mostre…tutto con la stessa inconfondibile identità. Ora sappiamo, dopo le dichiarazioni sui social di Louis Vuitton, che nel 2019 si ammala di un raro cancro che decide di combattere privatamente per poi lasciarci inaspettatamente lo scorso 28 novembre. Lascia anche la moglie e due figli.
Come ha cambiato la moda
La prima sfilata per Louis Vuitton è andata che quando è uscito sulla passerella c’erano solo applausi e persone in piedi. E’ andata che un afroamericano che ha studiato architettura attraversa emozionato una passerella arcobaleno allestita nei giardini del Palais Royal e ad un certo punto si ferma per abbracciare tra le lacrime l’amico che ha fatto insieme a lui lo stage sottopagato. Queste immagini sono diventate immediatamente virali ed hanno segnato un nuovo capitolo della moda fatto di inclusività, di sogni realizzati, di riconoscimenti sudati e di regole spezzate in mille pezzi che speriamo nessuno ricomponga mai.

La rivoluzione di Virgil Abloh però è iniziata molto prima innanzitutto scardinando le etichette che siamo soliti attribuire agli artisti, ai creativi o in generale a chiunque. Ci identifichiamo spesso con il lavoro che facciamo ma se siamo tante cose spesso abbiamo difficoltà a definirci. Virgil ha obbligato l’opinione pubblica a smettere di etichettare la creatività e a normalizzare la poliedricità degli artisti.
Con Off-White ha ridefinito l’estetica dello streetwear facendo diventare la parola parte integrante del capo ed elemento fondamentale nella definizione dello stile. Ha creato una serie di capi iconici e si è reso riconoscibile tra due virgolette. Ha parlato ai giovani di tutto il mondo spronandoli a continuare, a studiare, a formarsi e a crederci. In una video intervista di Vogue con Bella Hadid ha ricordato l’importanza dell’inclusività sul set, del rispetto per le diverse professioni nell’ambiente creativo della moda riportando l’attenzione anche a quegli addetti ai lavori poco citati. Per un’insider, sapere che una personalità così rilevante spende il suo tempo per ricordare all’industria che tutti i tasselli vanno rispettati significa avere ancora speranza che questo sistema possa evolversi in meglio. Ho riguardato alcune delle sue interviste e ho pensato che le sue parole e il suo sostegno reale ai giovani designer e creativi fossero in totale opposizione con alcune posizioni conservatrici nella moda. E mi sono vergognata per chi ancora oggi pensa all’esclusivismo (non parlo di prezzi di vendita ma di posizione verso il mondo). Vorrei dire tanto ma preferisco non dilungarmi.
Inutile dire quanto quest’uomo mi abbia ispirata nel mio lavoro. E terrò a mente la sua visione del mondo fluida in cui personalità e arti si intrecciano senza porsi il problema della diversità. Ha ricevuto tante critiche come quella di “non essere un vero designer”. E se i designer veri sono quelli che finora hanno contribuito ad un sistema chiuso allora è giusto che non sia definito tale. Qualcuno ha detto che si è appropriato di una cultura non sua perché non è stato povero. Però stiamo parlando di un personaggio che ha detto “Supreme is my Louis Vuitton” e che ha portato questo lifestyle sulle passerelle. Il risultato davvero incredibile è stato arrivare in vetta semplicemente scegliendo di essere se stesso. Mi ricordo che ha invitato 3000 studenti ad una sua sfilata. Pensate che di solito a Milano gli studenti stanno fuori cercando di imbucarsi. Mi è capitato una volta di inviargli via mail un mio invito per farli entrare. Quindi alla fine possiamo anche dire, liberandoci dal dovere innato di dover sempre additare qualcuno, che quella cultura alla fine gli appartiene anche solo per tutto il rumore che ha fatto per comunicarla. La risposta di giovani insider e appassionati alla notizia della sua morte ha dimostrato come effettivamente ha influenzato intere generazioni coinvolgendole in un nuovo sentimento di energia, fermento artistico, speranza e rivalsa. L’effetto Abloh.
So che molti giovani rimarranno incredibilmente legati alla sua visione e spero che la sua voce faccia ancora tanto casino perché se torniamo indietro non ci sarà nessuno a dire “Life is so short you can’t waste even a day subscribing to what someone thinks you can do versus knowing what you can do” – Virgil Abloh