Buon pomeriggio amiche e amici, oggi ho voluto sostituire l’appuntamento #tgiff con un piccolo articolo per la rubrica “Cosa la gente non ha capito della moda”. So che non vi proponevo un articolo interessante (e leggermente polemico ;)) da un pò, quindi eccoci con una piccola parentesi sul perché le sfilate digital non sostituiranno quelle fisiche, sempre secondo me. Vi spiego meglio: non dico che in futuro effettivamente non succederà ma se dovesse davvero essere così avremo perso un gran bel modo di presentare collezioni a favore di uno più democratico si, ma anche più asettico. Quindi il mio titolo vuole intendere che per i professionisti, gli appassionati e i fortunati che riescono a partecipare ad eventi moda effettivamente le sfilate digital non sostituiranno quelle fisiche. Perché? Ve lo spiegherò chiaramente e brevemente (scherzo).
Ma prima un pò di storia
La storia vede la nascita della sfilata italiana per come la conosciamo oggi a Giovan Battista Giorgini che nel 1951 organizzò un vero e proprio evento con un pubblico che includeva buyer e stampa. Infatti prima di allora solo Poiret nel 1912 aveva portato le sue collezioni fuori dall’atelier organizzando una tournée nelle principali capitali europee. Nel giro di soli 10 anni i cambiamenti nel mondo delle sfilate furono tantissimi. Negli anni ’50 la capitale delle sfilate era Firenze, la città che le aveva viste nascere grazie a Giorgini ma la connessione tra moda e cinema fu così immediata che la città toscana perse il suo primato che passò invece a Roma che diventò la Capitale dell’Alta Moda. Firenze non venne dimenticata, anzi. dal 1972 ospita Pitti Uomo che è ancora oggi un evento imperdibile arricchitosi di altre manifestazioni dedicate ai bambini, al food, alle fragranze, a filati ecc. Come si arrivò a Milano? Furono le stesse maison a preferire la città lombarda trasformandola nella capitale del prêt-à-porter. Nel ’79 Milano dava alla luce un calendario con 3 eventi distinti.

Torniamo ai giorni nostri. Fino a Febbraio 2020 il sistema ha vacillato per vari motivi ma l’affluenza alle sfilate è incredibile. Gli inviti sono esclusivi ma le poltrone sono aumentate per far spazio alle nuove professioni, ai giovanissimi e a tanti addetti ai lavori internazionali. Possiamo discutere sui criteri d’invito e sulle scarse capacità degli uffici stampa (magari in un altro articolo?) ma oggi voglio concentrarmi sul perchè le sfilate sono insostituibili e quando lo sono realmente. Quando e per chi invece sono adatte le sfilate digitali?
Partiamo dalle basi: chi partecipa alle sfilate OGGI? Clienti illustri, buyer, stampa, blogger, influencer, youtuber, stylist, altri designer, celebrità. E le sedute non sono gestite in questo ordine. Assolutamente no. Influencer, blogger e celebrità si sono aggiudicati ben presto l’ambito front row (la prima fila) mentre professionisti meno conosciuti tra cui anche la stampa e piccoli magazine indipendenti devono fare i conti con ultime file affollate e dalle quali non solo è difficile vedere ma anche respirare. Il perché è semplice. L’esposizione mediatiche durante le fashion weeks è pazzesca e va sfruttata al massimo per aggiudicarsi nuovi clienti e nuovi mercati. I social in questo funzionano meglio della stampa e sono più veloci. Quindi persone con un grande seguito anche se non identificabile nel cliente ideale del marchio fanno molto comodo perché avranno un impatto veloce ed esteso. Strategia ancora migliore è quella di invitare questo tipo di celebrità o personaggi provenienti però da diversi paesi. In questo modo i dati rimbalzeranno tra diversi paesi generando dei numeri incredibili. In questo modo anche tutti i soldi spesi (tanti) avranno trovato giustificazioni. Andando avanti spesso queste personalità ricevono in prestito capi da indossare per partecipare all’evento (quì possiamo eventualmente approfondire circa le dinamiche) perchè così potranno al meglio rappresentare il brand o la maison all’uscita dalle sfilate dove le attendono fotografi di streetstyle e di stampa. Quindi avrete capito che il sistema genera numeri importanti per i brand e le maison. Tutto questo potrebbe avvenire da casa? E’ già successo e la risonanza non è proprio la stessa.
Passiamo ora agli addetti ai lavori. In particolare pensiamo ai buyer che viaggiano in tutto il mondo per valutare i migliori acquisti per l’azienda in cui lavorano o per la propria attività. Sfilate ma anche presentazioni (eventi che prevedono l’esposizione della collezione e che permettono a stampa ecc. di visionare i capi da vicino accompagnati dall’ufficio stampa) permettono a questi professionisti di interagire con la collezione sulla passerella, nel backstage, durante le presentazioni e di confrontarsi direttamente con la maison. A quanto pare nel 2021 l’idea sarebbe quella di creare degli eventi dedicati a loro, il che ovviamente sarebbe un’ottima idea. Per ora i buyer vengono invitati alla versione fisica e blindatissimi delle sfilate per i marchi che decidono di procedere sia in location che online. Appuntamenti in showroom risolverebbero invece la problematica degli eventi online only. Cosa ne penso io? Che gli eventi riservati ai buyer sarebbero dovuti esistere da sempre e infatti in parte esistevano già. Dior ad esempio aveva già organizzato delle presentazioni successive alle sfilate per visionare i capi da vicino proprio per sopperire alle difficoltà dovute all’affollamento dei fashion show. Da vicino è meglio e l’esperienza tattile ancora meglio.
In conclusione di questa prima parte voglio analizzare anche l’effetto sorpresa degli eventi e l’importanza di vivere un’ESPERIENZA. Approfondiremo meglio questo argomento nella seconda parte ma vi voglio anticipare che se analizziamo la sfilata dal punto di vista della stampa, blogger, influencer, vlogger tutto quello che resterà di un’intera costruzione commerciale sarà l’effetto sorpresa dell’evento, l’esperienza a 360 gradi che offre. Questo vale anche per le presentazioni che sono molto spesso un connubio di moda, cibo, drinks, aromi e iniziative molto coinvolgenti. Guardando tutto questo su un video cosa perdiamo? Tutto, meno che l’esperienza visiva filtrata dalla qualità dello schermo, dall’alterazione dei colori e da quante ore abbiamo passato davanti ad uno schermo. Quindi in pratica non C’è esperienza. Da partecipante come stampa, blogger e stylist a diversi eventi vi assicuro che la magia è completamente diversa. Consumistica? Capitalistica? Superflua? Materialista? Si, ma bellissima.

Cosa ne pensate? Per ora mi fermo quì e vi aspetto nella parte 2 dell’articolo in cui analizzeremo la sfaccettatura democratica delle sfilate digitali e daremo una conclusione a questo dilemma.
Fateci sapere nei commenti se preferite gli eventi fisici o online.
Una opinione su "Cosa la gente non ha capito della moda: Perchè le sfilate digital non sostituiranno quelle fisiche. Pt.1"